La Medicina Orale o Patologia Orale o anche Stomatologia (dal greco στόμα, στόματος + λόγος: letteralmente, "studio della bocca") è quella branca della Medicina che studia gli aspetti clinici, anatomo-patologici e terapeutici delle malattie che interessano la mucosa e le componenti molli della cavità orale, nonché i tessuti delle regioni periorali.
La candidosi orale è un'infezione micotica che può interessare la mucosa del cavo orale ed è causata dal fungo Candida albicans, più frequentemente, o altri membri del genere Candida come la C. crusei, la C. tropicalis o la C. parapsilosis.
La C. albicans è normalmente presente nella flora che colonizza la cavità orale e il tubo gastroenterico.
Infatti in circa il 40-60% di individui questo fungo può essere isolato dalla mucosa orale normale. E' utile quindi sottolineare che la positività colturale alla C. albicans non significa automaticamente che il paziente soffra di candidosi orale. Per formulare una diagnosi di candidosi orale è necessario che il paziente presenti sintomi e segni clinici tipici in associazione con la positività dell'esame colturale alla C. albicans.
Perchè si manifesta?
La causa principale della candidosi orale è uno squilibrio nella flora naturale della bocca, che porta alla crescita eccessiva del fungo Candida.
Questo squilibrio può essere innescato da diversi fattori.
- Un sistema immunitario indebolito, che potrebbe essere dovuto a condizioni come HIV/AIDS, trattamenti contro il cancro.
- L'uso di determinati farmaci come corticosteroidi o antibiotici possono interrompere l'equilibrio naturale dei microrganismi nella bocca, dando alla Candida l'opportunità di crescere senza controllo.
- La scarsa igiene orale. Non spazzolare o usare il filo interdentale regolarmente può consentire alla Candida di accumularsi e crescere eccessivamente.
- Uno stile di vita come diete ricche di zuccheri, consumo eccessivo di alcol e fumo possono anche creare un ambiente favorevole alla crescita della Candida.
- Alcune condizioni mediche come il diabete, in particolare se scarsamente controllate, possono aumentare il rischio di sviluppare la candidosi orale. Anche i cambiamenti ormonali, in particolare quelli correlati alla gravidanza o all'uso di contraccettivi orali, possono alterare l'ambiente orale, rendendolo più suscettibile alla crescita eccessiva di funghi.
- L'uso di protesi dentarie, soprattutto se non sono pulite correttamente o si adattano male, può creare aree di irritazione nella bocca dove la Candida può proliferare. Anche le persone con secchezza cronica delle fauci, dovuta agli effetti collaterali dei farmaci o a condizioni come la sindrome di Sjogren, sono a rischio più elevato.
Come si maniesta?
La candidosi orale presenta diverse forme cliniche:
- C. pseudomembranosa: caratterizzata dalla presenza di placche bianche (pseudomembrane), di aspetto simili alla ricotta che, con il grattamento si distaccano dalla superficie mucosa lasciando un'area sottostante eritematosa. I sintomi associati sono bruciore e sapore metallico. Si manifestano sulla mucosa orofaringea e sulla mucosa vestibolare, sul palato e sul dorso linguale. Si osserva specie nei bambini (mughetto) e nei pazienti sottoposti a terapia con antibiotici a largo spettro. Nei pazienti sottoposti a terapia antiblastica o affetti da infezione da HIV la candidosi rappresenta una delle infezioni orali più frequenti.
- C. eritematosa (o atrofica): appare soprattutto sul dorso linguale e sul palato con l'aspetto di aree rosse e può avere un'insorgenza acuta, per esempio dopo terapia antibiotica; in questi casi è associata a un intenso bruciore e perdita sulla lingua delle papille filiformi (atrofia). Tra le forme croniche di candidosi eritematosa sono da annoverare quelle associate alla protesi mobile. In questi casi si osservano aree eritematose multiple più frequenti sulle aree del palato a contatto con la protesi e sul dorso linguale. Un'altra condizione predisponente comune è il diabete.
- C. cronica iperplastica: forma più rara e si riscontra quasi esclusivamente nei forti fumatori a livello delle zone di mucosa retrocommissurale. Le placche sono fortemente adese alla superficie mucosa e non si distaccano con lo scraping.
Queste lesioni sono state definite anche come forme di leucoplachia con superinfezione da C. albicans. La diagnosi definitiva di questa forma di candidosi di solito necessita della biopsia.
- Cheilite angolare (perlèche): frequente nei pazienti anziani portatori di protesi ed è caratterizzata da eritema, fissurazione e desquamazione delle commissure labiali. Nell'eziopatogenesi di questa lesione oltre alla C. albicans gioca un ruolo importante anche lo stafilococco aureo. Infatti questo germe si isola da solo o in associazione con la C. albicans nell'80% dei casi.
- Candidosi mucocutanea: è una forma piuttosto rara associata ad alterazioni immunitarie di origine ereditaria. Le lesioni orali, associate a lesioni cutanee, ungueali e di altre mucose, compaiono precocemente nei primi anni di vita con l'aspetto di placche multiple e aderenti alle superfici mucose.
Diagnosi
La diagnosi di candidosi orale si basa principalmente sull'anamnesi, sulla presentazione clinica delle lesioni e sulla dimostrazione della presenza del micete mediante il PAS o l'esame colturale.
Quest'ultimo è indispensabile se si vuole identificare il tipo di Candida. Nel caso di lesioni che si presentano come placche iperplastiche è sempre importante fare un esame istologico per escludere la presenza di alterazioni displastiche o carcinoma in situ.
Come si cura?
Nei pazienti affetti da candidosi orale lieve, e non associata a stati di immunodeficienza, è in genere sufficiente un trattamento con antimicotici topici. Il farmaco di prima scelta, considerando anche il basso costo, resta la nistatina. Altri farmaci utili sono l'amfotericina in gel o il miconazolo in compresse da sciogliere in bocca. I farmaci di impiego per via sistemica sono soprattutto il ketoconazolo, il fluconazolo e l'itraconazolo. Questi farmaci sono indicati nelle forme di candidosi associate con l'infezione da HIV o altre forme di immunodeficienza.
La Stomatite Aftosa Ricorrente (SAR) è una patologia infiammatoria, a eziologia multifattoriale e a patogenesi immunomediata, caratterizzata da ulcerazioni ricorrenti della mucosa orale.
È una delle più frequenti patologie che colpiscono la cavità orale e interessa circa il 10-20 % della popolazione generale.
In circa l’80 % dei casi le ulcere aftosiche esordiscono prima dei 30 anni di età con un picco intorno alla seconda decade; tali lesioni ricorreranno a vari intervalli per tutta la vita, con una tendenza a diminuire in frequenza e severità con il passare degli anni.
Come si presentano le afte?
Sulla base dell’aspetto clinico e delle dimensioni si distinguono 3 differenti varianti cliniche di ulcere aftosiche:
- MINOR: sono le più frequenti (75-85%); Si presentano solitamente come ulcere molto superficiali rotonde oppure ovali, con forma e margini regolari, di dimensioni non superiori agli 8-10 mm con tendenza alla guarigione in 10-12 giorni senza lasciare cicatrici.Questa forma di ulcere colpisce principalmente la mucosa non cheratinizzata (mucosa labiale, buccale, pavimento orale, ventre e margini linguali).
- MAJOR (Figura): le lesioni, meno frequenti (10-15%), hanno un aspetto clinico simile a quelle minor, anche se sono più profonde, con margini rilevati, e hanno dimensioni superiori a 1 cm. Possono interessare la mucosa cheratinizzata e non con predilezione per labbra, palato molle, fauci, dove possono essere causa di disfagia. Queste ulcere guariscono in 2 settimane – 3 mesi, lasciando a volte esiti cicatriziali.
- ERPETIFORME: questa variante (meno comune 10-15%) è caratterizzata da gruppi di ulcere (5-100), di dimensioni da 1 a 3 mm, rotonde, piccole e molto dolorose che somigliano alle lesioni intra-orali osservate in corso di herpes simplex. Queste ulcere tendono a coalescere dando origine a un’ulcera di dimensioni maggiori che guarisce in 7-14 giorni. Le ulcere aftosiche erpetiformi hanno una predisposizione per le donne e interessano principalmente la mucosa del ventre linguale e del pavimento orale.
Quali sono le cause?
Nonostante l’aftosi ricorrente sia una patologia molto studiata la sua eziologia non è ancora del tutto chiara e non c’è evidenza di un singolo fattore eziologico.
Per tale motivo si pensa a un coinvolgimento multifattoriale, essendo il risultato della stretta interazione tra fattori predisponenti, e/o condizioni sistemiche (nel caso delle ulcere “simil-aftosiche”)
e fattori immunologici, in soggetti geneticamente predisposti (Tabella).
Afte: manifestazioni orali di patologie sistemiche
Tra le condizioni sistemiche che più frequentemente si associano all’aftosi ricorrente vanno menzionati:
- i deficit ematinici (ferro, folati e vitamina B12);
- le malattie gastrointestinali come la malattia celiaca e malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn e colite ulcerativa);
- il morbo di Behçet e la sua variante sindrome MAGIC;
- la neutropenia ciclica;
- la sindrome di Sweet (febbre periodica, stomatite aftosica, faringite e adenite);
- la sindrome PFAPA (febbre periodica, stomatite aftosica, faringite e adenite);
- le immunodeficienze;
- l’assunzione di alcuni farmaci.
DIAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi di aftosi ricorrente si basa su tre criteri fondamentali:
- storia di ulcere ricorrenti
- presenza di ulcere con le caratteristiche cliniche di una delle tre forme di aftosi
- la ricorrenza degli eventi ulcerativi che rappresenta il marchio dell’aftosi ricorrente
Un’attenta valutazione del paziente in termini di anamnesi familiare, patologica prossima e remota, e anamnesi farmacologica, associata a un esame clinico generale (vista l’associazione con determinate patologie sistemiche) dovrebbero essere sempre eseguiti prima di iniziare con l’esame obiettivo intra-orale per escludere eventuali patologie sistemiche potenzialmente associate.
Infatti, la presenza di ulcere genitali, associata ad altre manifestazioni articolari e cutanee dovrebbe far sospettare una sindrome di Behçet. Dolori o tumefazioni articolari associati a uretrite suggeriscono la possibilità di una sindrome di Reiter, mentre la presenza di policondrite potrebbe suggerire una sindrome MAGIC.
La presenza di febbre periodica, faringite e linfadenopatia cervicale potrebbe essere caratteristica della sindrome PFAPA.
L’esame obiettivo intra-orale dovrebbe valutare le caratteristiche cliniche delle lesioni in termini di sede, numero, aspetto clinico dell’ulcera e della mucosa circostante e caratteristiche dei bordi.
Clinicamente numerose condizioni sistemiche o locali a eziologia traumatica, infettiva (sifiloma primario, gonorrea, infezioni erpetiche, infezioni da Coxsackievirus A2, A4, A6, A8, A10 e A16 - malattia mani-piedi-bocca e le micosi profonde), immunologica (vasculiti, eritema multiforme, pemfigo volgare, pemfigoide delle membrane mucose, lichen planus orale), neoplastica (carcinoma squamocellulare), patologie ematologiche (neutropenia ciclica) e l’assunzione di determinati farmaci potrebbero essere caratterizzate da ulcere/erosioni orali che potrebbero entrare in diagnosi differenziale con le ulcere aftosiche.
Tutti i pazienti con aftosi ricorrente dovrebbero essere sottoposti a esami ematochimici di routine (emocromo completo), e per la valutazione dei deficit ematinici e della velocità di eritrosedimentazione (VES). Gli esami ematochimici dovrebbero essere eseguiti quando le lesioni aftosiche sono clinicamente attive e a cadenza mensile (approssimativamente ogni 5 settimane).
In questo modo si potranno escludere patologie come la neutropenia ciclica e la sindrome di Sweet (caratterizzata da neutrofilia e noduli cutanei, oltre che ulcere aftosiche).
Inoltre, poiché la malattia celiaca è una patologia frequente, la cui prevalenza in Italia è di circa 1:100 [25], e spesso caratterizzata da sintomi atipici, l’esecuzione dei test sierologici specifici e di test genetici (HLA DQ2-DQ8) come pratica diagnostica nei pazienti con ulcere aftosiche è consigliabile.
Generalmente le ulcere aftosiche non vengono sottoposte a biopsia, che va eseguita solamente nei casi in cui è sospetta una patologia più complessa. In generale, le ulcere che non guariscono entro 3 o più settimane, dovrebbero essere considerate croniche e quindi dovrebbero essere sottoposte a ulteriori investigazioni (esami sierologici e istologici specifici) per escludere altre patologie come il cancro, le infezioni (vedi sopra) e le patologie muco-cutanee immuno-mediate.
Raccomandazioni clinico-terapeutiche sull’osteonecrosi delle ossa mascellari (ONJ) farmaco-relata e sua prevenzione (2020).
Definizione
Si definisce osteonecrosi delle ossa mascellari associata a bisfosfonati e/o altri farmaci una “reazione avversa farmaco-correlata, caratterizzata dalla progressiva distruzione e necrosi dell’osso mandibolare e/o mascellare di soggetti esposti al trattamento con farmaci per cui sia accertato un aumentato rischio di malattia, in assenza di un pregresso trattamento radiante”.
L’osteonecrosi della mandibola e del mascellare superiore (ONJ, OsteoNecrosis of the Jaw) associata al trattamento con farmaci (molto spesso definita nella letteratura più recente MRONJ, Medication-Related OsteoNecrosis of the Jaw) può influenzare in larga misura la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti.
Cosa sono i farmaci “bifosfonati” e a che cosa servono?
I bisfosfonati (BP), indicati anche come bifosfonati, sono un gruppo di farmaci impiegati nel trattamento di patologie che coinvolgono il sistema scheletrico, perché inibiscono il riassorbimento osseo legandosi alla idrossiapatite (componente minerale dell’osso) rallentandone il processo di distruzione.
In particolare, essi si sono dimostrati efficaci nel ridurre l’incidenza di eventi scheletrici in pazienti affetti da patologie che determinano fragilità ossea per l’alterato turnover osseo:
- patologia oncologica ed ematologica (metastasi ossee da tumori solidi di varia origine – carcinoma mammario, prostatico, renale; mieloma multiplo; ipercalcemia maligna);
- patologie osteometaboliche benigne come:
- l’osteoporosi e la malattia ossea di Paget, condizioni caratterizzate da un’elevata fragilità scheletrica per l’alterato turnover osseo;
- per la prevenzione dell‘osteoporosi (osteopenia post-menopausale; osteopenia iatrogena da farmaci).
Meccanismo d’azione
Quando vengono assorbiti e si depositano sui cristalli di idrossiapatite, presenti nelle sedi di riassorbimento della matrice ossea, interagiscono con gli osteoclasti, le cellule deputate al riassorbimento osseo, inibendone la proliferazione e accorciandone la vita media. Grazie a questa modalità d'azione sono in grado di limitare i processi di riassorbimento osseo, favorendo in modo indiretto l'azione degli osteoblasti, che possono così dare origine a tessuto osseo ben mineralizzato.
(Fig.) Grazie alla loro spiccata affinità per l’idrossiapatite, i bifosfonati legati saldamente ai cristalli ossei vengono rilasciati nello spazio extracellulare durante la fase di riassorbimento osseo ed inglobati per endocitosi all’interno degli osteoclasti. All’interno di queste cellule, i non Amino-bifosfonati (Bifosfonati che non possiedono gruppi aminici terminali nella catena laterale legata all’atomo di C in posizione 1, etidronato e clodronato) vengono metabolizzati in analoghi non idrolizzabili dell’ATP con conseguente effetto citotossico e morte cellulare; mentre gli Amino-bifosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato, pamidronato e zolendronato), più potenti perché dotati di gruppi -NH2 nella catena laterale R2, inibendo selettivamente l’enzima farnesil-pirofosfato sintetasi, implicato nella biosintesi degli steroli (ciclo del mevalonato), impediscono la prenilazione di alcune proteine GTP-asi dipendenti, coinvolte nel mantenimento del ciclo cellulare, con conseguente alterazione del citoscheletro e morte cellulare per apoptosi.
Sono impiegati con differenti dosaggi, vie di somministrazione (orale, endovenosa, talvolta intramuscolare) e durata, a seconda delle indicazioni per le quali sono prescritti.
Quali sono gli altri farmaci che possono determinare ONJ?
I bifosfonati non sono gli unici farmaci coinvolti nella possibile comparsa di osteonecrosi dei mascellari.
A partire dal 2008 compaiono le prime segnalazioni di osteonecrosi con caratteristiche cliniche simili a BRONJ, ma in pazienti in terapia con altre categorie di farmaci:
- denosumab, farmaco con attività anti-riassorbitiva alternativo ai BP, somministrato per il trattamento sia dell’osteoporosi primaria o secondaria sia delle metastasi ossee da tumori solidi;
- agenti definiti a “bersaglio molecolare” (in particolare con attività anti-angiogenetica), quali per esempio: bevacizumab, sunitinib, sorafenib, aflibercept, da soli o congiuntamente a BP e/o denosumab.
(FIG.) ll denosumab è un anticorpo monoclonale che espleta la sua azione terapeutica legandosi con elevata affinità e in maniera altamente specifica al RANKL (Receptor Activator of Nuclear factor Kappa-B Ligand). In questo modo, il denosumab impedisce il legame del RANKL con il suo recettore RANK (Receptor Activator of Nuclear factor Kappa-B) espresso sulla superficie degli osteoclasti e dei loro precursori. La mancata interazione fra RNKL e RANK inibisce la formazione, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteoclasti, riducendo in tal modo il riassorbimento osseo e la distruzione ossea indotta dal cancro.
Si è osservato che la mandibola e il mascellare superiore sembrano essere le uniche sedi dove questa necrosi si verifica (ad eccezione di qualche raro caso del condotto uditivo).
Queste sono le uniche sedi dove c'è un rapporto diretto tra l'osso e l'ambiente esterno per mezzo dei denti.
Infatti, questi ultimi, potendo essere sede di infezione, costituiscono un'area che risentirebbe maggiormente delle conseguenze di questi farmaci.
Alcuni fattori come l'età avanzata, il fumo, terapie concomitanti cortisoniche o il diabete, possono aumentare il rischio che l'osteonecrosi si verifichi.
Quali sono i sintomi che possono essere associati a ONJ?
- Comparsa di infezioni.
- Esposizione di osso nel cavo orale.
- Alitosi.
- Alterazioni della sensibilità delle labbra da irritazione del nervo e dolore che, quando presente, può essere di elevata intensità.
Se assumi (o dovrai assumere) uno dei seguenti farmaci “per le ossa” o per tumore, comunicalo al tuo dentista.
A) BIFOSFONATI
Alendronato (DRONAL®, FOSAMAX®, FOSAVANCE®, ADRONAT®…)
Clodronato (DIFOSFONAL®, CLODY®, CLASTEON®, OSSITEN® …)
Ibandronato (BONIVA®,BONDRONAT®)
Neridronato (NERIXIA®)
Pamidronato (AREDIA®)
Risedronato (ACTONEL®)
Zoledronato (ZOMETA®, ACLASTA®)
B) ANTI-RIASSORBITIVI
Denosumab (PROLIA®, XGEVA ®)
C) ANTI-ANGIOGENETICI
Bevacizumab (AVASTIN®)
Sunitinib (SUTENT®)
Sorafenib (NEXAVAR®)